Scritto da Prof. S. Giannitto - Amministratore 01/12/2010 |
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A marzo, i ricercatori IBM avevano annunciato la realizzazione di chip in grado di comunicare con impulsi luminosi anziché segnali elettrici. Questi Nanophotonic Avalanche Photodetector (NAP) sono più veloci e si pongono come evoluzione importante verso il raggiungimento di una migliore efficienza energetica computazionale, con implicazioni significative per il futuro dell'elettronica.
Questo traguardo è stato raggiunto grazie al passaggio dall'elettronica standard a quella fotonica. I materiali utilizzati invece sono abbastanza comuni: il NAP è costituito infatti da silicio e germanio, lavorati, a basso costo, con normali processi di fabbricazione tipici dei semiconduttori.
Qualche giorno fa, negli stessi laboratori di IBM, i ricercatori svelano una nuova tecnologia per chip, che integra dispositivi elettrici e ottici sulla stessa basetta di silicio. IBM spera così di spingere verso i sistemi di Exascale computing, in modo che i chip siano in grado di eseguire milioni di trilioni di calcoli al secondo.La nuova tecnologia è chiamata CMOS Integrated Silicon Nanophotonics, e offre un'alta densità di integrazione dei singoli componenti ottici su un unico chip.
I device così prodotti hanno una grande capacità di low-loss e un'elevata ampiezza di banda dati. Inoltre, poiché i framework CMOS sono comuni, il prezzo di questa tecnologia è piuttosto contenuto. Infatti, come ha spiegato Solomon Assefa in un'intervista per ZDNet UK, i chips che utilizzano la tecnologia CMOS possono essere prodotti nelle fonderie di semiconduttori esistenti, aggiungendo solo un paio di moduli di elaborazione a un flusso standard di fabbricazione CMOS, come mostra questa immagine, estrapolata dalla pubblicazione illustrativa di IBM:
In questo modo IBM è convinta di aver sorpassato la concorrenza, e in particolar modo Intel: Assefa spiega infatti che la principale differenza fra la tecnologia IBM e quella concorrente sta nel fatto che Intel ha messo in cantiere chip CMOS e chip nanofotonici, mentre IBM integra entrambi su un unico pezzo di silicio.
Come si può leggere (e un po' fantasticare) nell'annuncio ufficiale, il chip 3D del futuro sarà costituito da diversi strati collegati tra loro da fitti fori: lo strato inferiore sarà esso stesso un processore, dotato di molte centinaia di core; lo strato di memoria (o strati) si troverà in cima e fornirà un rapido accesso alle cache locale; sullo stack invece sarà allocato lo strato fotonico con molte migliaia di singoli dispositivi ottici e circuiti elettrici analogici. Quest'ultimo strato giocherà un ruolo fondamentale per fornire un'ampia larghezza di banda tra core e traffico off-chip e per regolare il traffico dati grazie a una serie di interruttori nanofotonici.
L'obiettivo finale di questo progetto — dicono gli addetti ai lavori — è di sviluppare una tecnologia per l'integrazione on-chip dei circuiti nanofotonici ultra-compatti per la manipolazione dei segnali luminosi, analogamente al modo in cui i segnali elettrici vengono manipolati nei chip dei computer.
Questa tecnologia segue la tendenza attuale dei sistemi di calcolo ad alte prestazioni, che aumenta il parallelismo di elaborazione a tutti i livelli utilizzando multithread, aumentando il numero di chip in rack e blade, il numero di core in un chip. E' pensabile che essa trovi utile impiego nei centri di elaborazione dei dati, in quanto le comunicazioni ottiche garantiscono importanti capacità di calcolo ed elevato parallelismo.
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