Scritto da Prof. Giannitto S. 27/09/2017 | |
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Robot da combattimento e droni militari stanno cambiando il modo in cui i Paesi si fanno la guerra o proteggono i loro territori. I protagonisti di tensioni belliche e guerre oggi non sono cyborg o creature di forma umanoide comeTerminator, come per decenni ci hanno raccontato il cinema e la letteratura, ma macchine programmabili capaci di eseguire una serie di istruzioni precise. Robot pensati per svolgere compiti che in passato mettevano a rischio la vita degli uomini. Che adesso restano dietro le quinte e con ruoli ancora determinanti. È una guerra che si combatte prevalentemente sul fronte della tattica e della ricerca tecnologica. Robot da combattimento e droni militari, scende in campo la CinaSi chiama Divine Eagle ed è un grande drone progettato dalla Cina. Questo tipo di droni militari sono capaci di intercettare i jet invisibili ai radar come i caccia F-22 Raptor. Anche a distanze di centinaia di chilometri. Proprio la Cina è uno dei Paesi che sta investendo di più sui droni militari e sulle basi di decollo e atterraggio degli aerei senza pilota. I droni militari in questi anni si sono guadagnati un ampio spazio nella nuova guerra robotica fatta da macchine comandate a distanza. Lo abbiamo visto in Iraq, quando aerei senza pilota statunitensi sono stati impiegati per attacchi ai terroristi dell’Isis, piuttosto che in Pakistan, Somalia, Yemen o Afghanistan. Droni militari italianiAnche l’Italia è scesa in campo con i suoi droni militari in diverse missioni internazionali. Sono sei, al momento, gli aeromobili a pilotaggio remoto a disposizione dell’Aeronautica Militare. Si tratta dei Predator A+ e dei Predator B, entrambi realizzati dalla General Atomics. Droni militari che possono svolgere anche attività di controllo del territorio, nell’ambito della lotta al crimine organizzato o del monitoraggio dei flussi migratori verso il nostro Paese. Il Predator B, in particolare, può svolgere una serie di compiti, tra i quali la rilevazione di ordigni esplosivi o missioni in ambienti che hanno subito contaminazioni nucleari o chimiche. Presto la flotta dell’Aeronautica potrebbe arricchirsi anche di un altro drone, interamente realizzato in Italia. Piaggio P1HH Hammerhead è un velivolo a pilotaggio remoto che può raggiungere un’altitudine di quasi 14 mila metri e una velocità massima di 730 km/h. Ultimata la fase di test, potrebbe essere impiegato in missioni di sorveglianza, ricognizione e intelligence. Ad Amendola, in provincia di Foggia, ha sede il Gruppo Velivoli Teleguidati dell’Aeronautica Militare. Robot da combattimento: i veicoli a controllo remotoI droni militari sono solo uno degli aspetti della nuova guerra fatta con robot da combattimento, macchine programmate per l’esecuzione di compiti particolarmente pericolosi. L’azienda americana iRobot, prima di cedere la propria divisione militare alla Arlington Capital Partners, ha consegnato in questi anni ben 5 mila robot da combattimento a forze dell’ordine e apparati di difesa di tutto il mondo, compresa la Marina statunitense per la quale ha realizzato 75 robot SUGV per una cifra complessiva di quasi 10 milioni di dollari. Il SUGV è una versione ridotta di un altro robot, PackBot, capace di entrare in aree inaccessibili o troppo pericolose. Tutti i robot da combattimento commissionati a iRobot fino al 2015 sono unmanned vehicle, veicoli a pilotaggio remoto che possono svolgere una serie di compiti. Non solo SUGV ma anche Packbot, Firstlook e Kobra. Robot che dal 2016 continueranno a essere prodotti, per conto di Arlington Capital, da Endeavor Robotics, una delle aziende di robotica americane nel campo della difesa e della sicurezza. I robot da combattimento nel passatoUn teletank in una immagine dell’epoca (da wikipedia) Già durante la seconda guerra mondiale l’esercito tedesco aveva a disposizione Goliath, un veicolo a controllo remoto che poteva trasportare fino a cento chili di esplosivo per far saltare ponti o distruggere i tank nemici. Negli anni Trenta l’Unione Sovietica poteva contare invece sui teletank, robot da combattimento che potevano essere comandati da 500-1000 metri, con un dispositivo radio, dall’interno di un carro armato. Robot da combattimento: il futuro della guerra roboticaQuale guerra gli uomini e i robot combatteranno nel futuro non possiamo saperlo. L’auspicio è che si combattano meno guerre rispetto al passato o che non se ne combattano del tutto. Quello che con certezza sappiamo è che se guerre o interventi militari nei prossimi decenni ci saranno, saranno certamente diversi dal presente e i robot, da combattimento o meno, come in tutti gli altri settori, avranno un ruolo preponderante. BigDog in una foto tratta dal sito di Boston Dynamics DARPA, Defense Advanced Research Projects Agency, per intenderci il Dipartimento di Difesa Usa, ha finanziato un progetto per la realizzazione di Big Dog, un robot a quattro zampe prodotto da Boston Dynamics, che in futuro potrebbe servire per trasportare carichi pesanti su terreni impervi per conto delle forze armate. I primi test, tuttavia, hanno deluso le aspettative: Big Dog si è rivelato troppo rumoroso ed è stato per ora accantonato. Potrebbe avere un destino diverso, se non altro perché è più silenzioso e semplice da manovrare, un altro robot quadrupede, un robot a quattro zampe della scuderia di Boston Dynamics. Si chiama Spot ed è un cane robot grande come un alano. È più veloce di Big Dog e ha una capacità di carico di circa 20 kg. Dall’altra parte del mondo, in Russia, la United Instrument Manufacturing Corporation ha messo a punto Unicum, un sistema di intelligenza artificiale capace di controllare contemporaneamente fino a dieci robot da combattimento diversi. Dopo aver scelto chi di loro sarà il comandante della truppa, Unicum assegna a ciascun robot un ruolo e un compito specifico. Le Forze armate russe stanno pensando di installarlo sui propri veicoli a pilotaggio remoto. E non è escluso che, prossimamente, possano trovare applicazione in campo bellico anche gli esoscheletri,per trasformare contingenti di militari in contingenti di super soldati. Uno scenario per ora ipotetico ma assolutamente realistico, in cui un ruolo importante potrebbero giocarlo, oltre alla robotica,anche le neuroscienze.
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