Recensione filmica: “Il bambino con il pigiama a righe”.
Nel vasto panorama dei film che trattano la tematica della SHOAH si distingue per l’intensità del contenuto, la narrazione incalzante e commovente e le immagini semplici ed efficaci “Il bambino con il pigiama righe” di John Boyne. Il regista è riuscito a trasferire su pellicola l’amicizia di due adolescenti: Bruno, un tedesco, e Shmuel, un ebreo deportato nel campo di sterminio ad Auschwitz. A distanza di circa settant’anni, le intense immagini di Boyne trasmettono il valore di un bene inestimabile: “l’amicizia vera e sincera” tra due ragazzi, aprendo al tempo stesso uno squarcio sulla storia di milioni di persone che gli anni dei lager hanno portato via , ma non hanno cancellato dal cuore e dalla mente questa vicenda drammatica.
Il protagonista del romanzo è Bruno, un bambino di otto anni, la cui serena infanzia s’infrange con il trasferimento del padre, assieme a tutta la famiglia, per recarsi in un luogo, che ha un nome troppo difficile per pronunciarlo correttamente. Louis è un ufficiale nazista, nominato responsabile del campo di sterminio di Auschwitz. Conseguentemente Bruno si ritrova solo, senza amici né coetanei in un posto che non gli piace e non accetta; l’unica distrazione sta nell’osservare una strana “fattoria”.
Non trova spiegazione perché tutti quei contadini siano orrendamente magri e malinconici e perché indossino un “pigiama a righe” per lavorare. La sua curiosità e il sogno d’avventura lo spingono a oltrepassare la porta proibita e correre alla scoperta del mondo circostante. Vagando per il bosco, arriva in prossimità di un filo spinato e lì conosce e allaccia una profonda amicizia, con Shmuel un ragazzo della sua stessa età, stessa altezza, stesso giorno di nascita, anche se non sa ancora dell’ infame destino che incombe su entrambi. Bruno va a trovare il suo nuovo amico ogni pomeriggio, portandogli qualcosa da mangiare. Un tragico giorno però Shmuel gli confida di non riuscire più a trovare ,da tre giorni, il padre, sicchè Bruno istintivamente si offre di aiutarlo. La loro stretta amicizia li vede protagonisti di un gioco pericoloso, complice un semplice pigiama a righe. Il finale della pellicola giunge inaspettato e lascia dentro un glaciale silenzio prodotto dalla morte imprevedibile dei due ragazzi.
Chiunque assisterà alla proiezione del film di Jonh Boyne, drammatico e storico al tempo stesso, perché inserito nella vicenda della Seconda Guerra Mondiale, verrà a conoscenza della crudeltà e della malvagità di quell’inferno umano, dove ci si chiede dell’esistenza di Dio.
Non si deve dimenticare che quanto accaduto non solo ai due protagonisti, ma al popolo ebreo, non è stato semplicemente un caso, ma il frutto di un progetto criminoso scaturito da menti spietate e insensibili.
L’amicizia può unire quello che le barriere dividono!
Le alunne della 1^D del Liceo delle SCIENZE UMANE